Con questo articolo vorrei condividere con te un tema molto importante che riguarda l'emozione della paura.
La paura e l'ansia sono emozioni molto presenti attorno alla disabilità e nella società attuale.
Ma come possiamo trasformare questa emozione affinchè ti possa aiutare a vivere con più serenità la disabilità di un figlio?
La paura è un'emozione che accompagna in molte fasi della nostra vita, ma diventa particolarmente intensa quando ci troviamo di fronte a situazioni sconosciute o minacciose o che percepiamo come tali.
Per me e Massimo la paura è stata una compagna fedele fin dal momento della diagnosi. Non sapevamo cosa ci aspettava, eravamo sommersi dall'incertezza e spaventati da ciò che non potevamo controllare.
Quando la neuropsichiatra ci ha comunicato che Gabriele aveva un disturbo dello spettro autistico, nel libro lo chiamiamo amichevolmente il Signor Dps-nas (leggi l’estratto qui), siamo rimasti impietriti.
Abbiamo reagito esattamente come prevede, con i suoi schemi, la mente, nel libro il Signor Risponditore Automatico.
Le tre modalità che prevede la mente per stare di fronte alla paura sono l’attacco, la fuga o il freezing.
Ecco noi, al primissimo impatto con la disabilità, abbiamo reagito con il freezing, immobilizzandoci.
Non avevamo la più pallida idea di che cosa fosse, è stata una doccia fredda, gelida.
Fino ad allora nella nostra vita non eravamo mai stati, in qualche modo, in contatto con la disabilità. Del mondo dell’autismo non conoscevamo niente. Neanche sapevamo che esistesse.
Le parole della dottoressa erano per noi incomprensibili.
Da lì in poi si sono alternati momenti di attacco, di fuga e di freezing.
La paura è un'emozione potente, spinge molti di noi a evitare situazioni che non comprendiamo appieno o che ci mettono in uno stato di vulnerabilità.
Mi è capitato spesso di sentire questa emozione quando mio figlio Gabriele mi chiedeva di fare qualcosa da solo, come andare in bicicletta o fare una passeggiata. Avevo paura che non si fermasse allo stop o che fosse oggetto di bullismo da parte degli amici. La paura è quindi una compagna quotidiana che ci spinge a cercare il controllo.
Queste sono paure della quotidianità ma non mancano le paure per il futuro.
Nonostante la paura sia spesso legata al presente, proiettiamo anche questa emozione nel futuro. Mi sono chiesta più volte cosa accadrà a Gabriele quando non ci saremo più noi a prenderci cura di lui.
Questa preoccupazione è condivisa da molti genitori di persone con disabilità. Ci domandiamo chi si prenderà cura dei nostri figli e se riceveranno l'amore e l'attenzione di cui hanno bisogno.
Per molto tempo a gestire la nostra paura ci ha pensato la mente (puoi approfondire nel capitolo specifico del libro Pronto? sono la disabilità o nell’articolo dedicato), attivando il Signor Controllo.
La mente davanti a ciò che non conosce attiva sempre un meccanismo di difesa che ha come obiettivo il potere sull’evento tentando di prevederlo, governarlo e misurarlo.
Vogliamo avere il potere sugli eventi e sulle situazioni che ci spaventano perché questo ci tranquillizza.. Questo può portarci ad evitare cose o situazioni che temiamo. Ad esempio, se ho paura che Gabriele non si fermi allo stop, potrei decidere di non farlo andare in bicicletta o di non permettergli di fare una passeggiata da solo. In questo modo, cerchiamo di tenere sotto controllo ciò che possiamo.
Il meccanismo di difesa della mente da un lato rasserena perché si ha l’impressione di poter controllare l’evento, dall’altro però in profondità si avverte un senso di incompletezza e di limite, come di non vivere pienamente e intensamente.
La percezione profonda è di sopravvivere e non di vivere.
Ciò che fa la differenza tra il vivere e il sopravvivere è la consapevolezza.(puoi approfondire nel capitolo specifico del libro Pronto? sono la disabilità o nell’articolo dedicato)
Invece di cercare il controllo, ciò che il nostro cuore e il nostro spirito ci chiedono è di aumentare la nostra capacità di lasciar andare, di seguire la via del cuore (puoi approfondire nel capitolo specifico del libro Pronto? sono la disabilità o nell’articolo dedicato)
Questa capacità è fondamentale nei percorsi di crescita personale e spirituale. È il "Surrender", l'atto di abbandonarsi a qualcosa di più grande di noi stessi.
Allora, come possiamo attraversare il ponte dalla paura alla fede? L'antidoto alla paura è la fede. La fede ci permette di lasciare andare il controllo e affidarci a qualcosa di più grande, qualcosa che va oltre le nostre limitate conoscenze e teorie. Per alcuni, questo può essere una visione spirituale, mentre per altri può essere un riferimento religioso. La percezione comune è che esista qualcosa di più grande che guida l'universo e che possiamo chiamare Dio, energia o qualsiasi altro nome. Questa fede ci consente di abbandonare le paure e le ansie, affidandoci a questa forza superiore.
Il "Surrender" non è un gesto semplice, ma è profondamente gratificante. Ci chiede di abbandonare il nostro bisogno di controllo e di accettare che le cose possano succedere come devono. Questa pratica può trasportarci in uno stato di profonda fede e fiducia nell'universo. Ci permette di vedere oltre la mente razionale e di percepire l'amore universale e incondizionato.
L'amore incondizionato è strettamente legato alla fede. Quando ci affidiamo a qualcosa di più grande, sperimentiamo l'amore universale e incondizionato. Questo amore si esprime attraverso la libertà di essere noi stessi, senza paura. Anche la disabilità di mio figlio, che talvolta genera ansia e paura, potrebbe essere un invito a liberarci dalle strutture mentali che ci tengono in una condizione di limitatezza.
Il "Surrender" ci apre le porte verso l'infinito. In molte tradizioni spirituali e persino nella fisica quantistica, si afferma che tutto è vuoto. Quando abbandoniamo le nostre paure e ansie, entriamo in questo vuoto, in questo campo di possibilità infinito che la mente non può neanche immaginare. La nostra paura diventa un punto di partenza per un viaggio verso l'infinito.
Il gesto del "Mudra"
Il processo di "Surrender" può essere accompagnato da un gesto chiamato "Mudra". Questo gesto simbolico, che rappresenta un calice, simboleggia la nostra volontà di donare. Cosa stiamo donando? Stiamo donando le nostre paure, le nostre ansie e le nostre limitazioni mentali. Stiamo aprendo il nostro cuore all'amore universale.
Comprendo che quanto sto dicendo possa sembrare semplice, ma è altrettanto difficile. Questo percorso richiede pratica e allenamento costante. La sfida più grande è smantellare il condizionamento educativo che ci hanno insegnato a temere e a cercare il controllo. È un cammino che richiede coraggio e dedizione, ma i risultati sono meravigliosi.
Per noi, allenarci a compiere il “surrender” è stato davvero impegnativo, ma ci ha donato un profondo senso di leggerezza, e quando hai un figlio con disabilità non è poco.
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Sabrina
Sabrina Gelio / Massimo Scappi
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